Calcolo del limite infinito: spiegazione

Secondo la teoria della gerarchia degli infiniti, prendendo in considerazione il primo quadrante del piano cartesiano, ed, ipotizzando di disegnare il grafico della funzione

di una retta obliqua crescente

y = mx + q

di una funzione parabola

y = ax^2, con termine a > 0

di una funzione logaritmica y = log(x), con base a>1

e di una funzione esponenziale y = a^x, con base a > 1

risulta evidente come il calcolo del limite per x che tende a +oo di tutte le funzioni sopra descritte corrisponda a +oo.

Sempre secondo la teoria della matematica tradizionale, risulta evidente come le 4 funzioni sopra citate non tendano verso l’asse y a + infinito con la stessa rapidità, ma con uno spostamento [delta (y) per x] diverso a seconda delle loro caratteristiche intrinseche, sebbene esse tendano, nel complesso, a + infinito, senza stabilizzarsi ad alcun valore puntuale di y, lungo il loro percorso.

Risulta sempre evidente come l’ordine di rapidità di crescita verso y, nel primo quadrante, per x che tende a + infinito, delle 4 funzioni sia, dalla funzione più rapidamente crescente a quella meno rapidamente crescente, il seguente:

1ma: funzione esponenziale
2nda: funzione parabola
3rza: funzione retta
4rta: funzione logaritmica
.

Se, sempre a livello teorico, consideriamo il movimento di tendere a + infinito quello che sviluppa la funzione dal percorso più asintotico possibile all’asse della coordinata cartesiana considerata, allora sarà il risultato del calcolo del limite che tende a + infinito di tale funzione quello che più propriamente assumerà a pieno titolo e senza smentita, secondo il concetto stesso teorico di limite, il valore di +oo.

Se il risultato del limite per x che tende a +oo di quella funzione vale +oo, considerando sempre e solo il primo quadrante del piano cartesiano, allora, al risultato di altre funzioni che, secondo la matematica classica, teoricamente tendono a +oo, ma non con la stessa rapidità della prima funzione, è necessario, per completezza e precisione, aggiungere un’annotazione, che differenzi il risultato puramente più infinito del calcolo del limite della prima funzione da quelli spuri delle altre citate.

Quale annotazione andare ad aggiungere per dar prova di tale fatto? A mio parere, se secondo la matematica tradizionale nel calcolo dei limiti puntuali, per identificare, lungo l’asse cartesiano (x), l’intervallo aperto inferiore o superiore del punto, si utilizza l’annotazione ^(-) e ^(+) ad apice del punto considerato, si dovrebbe utilizzare la medesima annotazione per dar prova del diverso risultato infinito del calcolo di un limite, secondo la gerarchia degli infiniti, considerando, come risultato del limite per x che tende a + infinito di una funzione, il +oo per la funzione dal grafico più asintotico all’asse y ed aggiungere tanti (-) al simbolo dell'”oo” quanto il grafico delle altre funzioni abbandona tale asintoticità, considerando come discriminante e spartiacque tra il risultato infinito del limite sopra citato ed il risultato o^(+) l’avvicinamento asintotico all’asse x (y=0).

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