Nicolò Vignatavan – per la sezione filosofia e pedagogia – Per una ridefinizione del linguaggio dei colori nella didattica, per alunni con discalculia o con sindrome di Asperger

Il codice linguistico dei colori da sempre riveste un ruolo fondamentale nell’esistenza nel mondo dell’Essere umano. 

Ciò ha avuto un’evidenza esponenziale nel passaggio storico dalla Fisica Classica alla Fisica Quantistica, che la scienza della colorimetria ed i relativi calcoli su lunghezze e frequenze d’onda hanno fatto da padrone, integrando e superando le teorie newtoniane legate alla somma dei colori e quelle goethiane legate alla loro complementarietà. 

Da Planck in poi si è definitivamente evidenziata la cardinalità di tre colori, che risultano fondamentali per il loro posizionamento all’interno dello spettro, per la loro frequenza e per le loro proprietà emissiva ed assorbente: il rosso-arancione e l’infrarosso, di frequenza minima, il blu-viola e l’ultravioletto, di frequenza massima ed il verde-giallo, di frequenza intermedia. 

A questo proposito, infatti, un’applicazione strumentale di tali colori, cosiddetti primari, ha riscontrato risultati estremamente validi, statisticamente, nel loro utilizzo per una semplificazione visiva dei procedimenti logici inerenti i calcoli algebrici negli esercizi matematici somministrati ad alunni discalculici o con sindrome di Asperger, in ambito didattico. 

Seguendo le argomentazioni di Kandinsky sul carattere magnetico dei colori quali il blu, il rosso ed il verde, per cui il primo esprime un avvicinamento dinamico rispetto agli occhi dell’osservatore, il secondo un allontamento ed il terzo un equilibrio tra i due poli, allora occorrerebbe ragionare, in quest’ottica, su quali colori utilizzare per semplificare i calcoli, nella loro scrittura e sottolineatura, all’interno di espressioni semplici o complesse, nel potenziamento scolastico degli alunni con discalculia o sindrome di Asperger, inclini ad una difficoltà di base di fronte a tali esercizi. 

A mio parere, viene naturale ipotizzare come il colore blu, una volta data la traccia dell’espressione matematica, debba essere utilizzato nella sottolineatura e, dunque, nel riconoscimento del primo calcolo da svolgere, in modo tale che esso subito risalti e, per così dire, si avvicini per primo agli occhi dell’alunno. Il colore rosso, legato all’allontanamento, viceversa, dovrà essere strumento di sottolineatura per i passaggi successivi ai primi, dunque quelli che sviluppano, alla vista del discente, processi intellettivi di sintesi, di razionalizzazione, di se-allora e, dunque, di allontanamento dalla tesi iniziale imposta dalla traccia dell’esercizio, già sviluppata, nel momento di antitesi, nei primi passaggi riconosciuti in blu. In quest’ottica, il colore verde-giallo, tonalità di uguaglianza ed equilibrio, sarà utilizzato nella sottolineatura dei passaggi terminali dell’espressione, quelli legati alla risoluzione dell’esercizio, che indicano, in ultimo, l’equivalenza finale. 

In favore di questa mia interpretazione dei colori nella didattica della matematica, giunge a favore la teoria dei sei cappelli per pensare del pedagogista maltese De Bono, per cui il giallo viene visto come la tonalità legata alla proiezione pensante positiva, ottimista e vantaggiosa del soggetto nel mondo da lui abitato: ecco, nel nostro caso, possiamo recuperare tale concetto ridefinendo il colore giallo come visualizzazione di “risoluzione positiva” dell’espressione matematica, come descritto nel paragrafo precedente. 

Per concludere, l’analisi dei colori non deve essere più vista come una pratica autoreferenziale, da svilupparsi esclusivamente in sè in quanto tale, ma deve necessariamente considerare, nella sua applicazione, il rapporto indissolubile che vi è tra colori, contesto, relazioni ed educazione.